lunedì 27 ottobre 2014

provini - Quando il buio ha paura di me, Enrico Arlandini


          Quando il buio ha paura di me
                                  Enrico Arlandini


L’aurora rischiarava le sagome dei palazzi della città.

Iniziava ad albeggiare e una luce brillante rendeva tutto più definito,

netto. La notte stava ritirando veloce il suo buio, come se il sole

prepotente volesse scacciar via le tenebre. Elena socchiuse gli

occhi e respirò a fondo l’aria ancora frizzante della notte.

<< E’ ora di muoversi>>, disse.

L’esercito sgangherato che aveva alle dipendenze la osservò con aria smarrita. Eppure in mezzo a loro c’erano uomini valenti e coraggiosi, almeno fino a quando l’orrore non li aveva sopraffatti.

Lei invece era riuscita a mantenere i nervi saldi e una buona dose di lucidità, che le permise di sopravvivere.

Adesso erano sicuri non correre rischi, almeno fino all’arrivo di una nuova notte.

<< Dobbiamo farcela questa volta – incoraggiò gli altri – perché i loro attacchi sono sempre più organizzati e non so per quanto tempo riusciremo a resistere>>.

Il suo vice mosse lievemente il capo per assentire, quindi fece cenno alla truppa di procedere.

Camminavano al centro della strada, lontani dalle tettoie delle case che allungavano le proprie ombre sull’asfalto.

Inizialmente era sembrata un’invasione di vampiri.

Quell’ipotesi, per quanto romanzata e poco credibile, avrebbe concesso la possibilità di contrattacco con le armi del caso.

Così invece tutti si trovarono spiazzati, di fronte all’aggressione di soggetti immateriali e sfuggenti. Per meglio dire, ombre.

Ogni notte qualcuno dei loro concittadini subiva una sorte tremenda, trascinato verso un abisso nero come la pece.

Provarono ad annullare il buio, tramite il potenziamento dei lampioni e l’utilizzo di ogni possibile fonte luminosa.

In tal modo venne ridotto il potere delle ombre, che non svanì del tutto, in quanto le vittime proseguirono a ritmo costante.

Durante una riunione pubblica Elena e alcuni altri imbastirono le basi di un estremo tentativo, spinti dalla forza della disperazione.

Gli anziani del luogo ricordavano un’antica leggenda secondo la quale l’ultimo raggio di sole prima che la sfera si nasconda dietro le montagne possiede un potere magico.

Costruirono una scatoletta di legno, ricoprendola di simboli esoterici tratti da un libro trovato in biblioteca.

Quindi, con il fiato sospeso e il cuore in tumulto, attesero l’ora del tramonto.

Sorsero discussioni perché nessuno era in grado di indicare con precisione il momento esatto in cui si sarebbe dovuta sollevare la scatola verso il cielo.

Centinaia di occhi fissarono il sole durante la sua lenta discesa e dopo diversi falsi allarmi, Elena lanciò l’ordine, sperando con tutta se stessa di non essersi sbagliata.

Il raggio terminò la sua traiettoria all’interno dell’involucro, che venne accuratamente sigillato.

La successiva attesa fu snervante; radunati in piccoli gruppi gli abitanti mormoravano preghiere o imbastivano supposizioni sull’esito dell’esperimento.

Come richiamate da quelle litanie le ombre uscirono dai loro nascondigli, ergendosi minacciose.

La loro attenzione fu catturata dalla scatola di legno che giaceva a terra, avvolta da una spettrale luce fluorescente.

Le ombre, rapite da quella visione, si avvicinarono fino quasi a lambirla.

All’improvviso il contenitore si aprì, per sprigionare quell’unico raggio di sole.

Le ombre gridarono, di un suono che non ricordava né voce umana e neppure animale.

Iniziarono a tremare, scosse da convulsioni, mischiandosi l’una dentro l’altra.

Finirono per formare un’entità unica, pulsante di odio e sofferenza.

Quando le ombre diventarono polvere, e la polvere particelle talmente fini da essere indistinguibili, soltanto allora parve che l’incubo fosse sconfitto.

La scatola stessa perse consistenza, scomparendo in fretta alla vista.

Elena mosse qualche passo verso quello che era stato il centro dell’azione.

Inspirò profondamente dal naso, diverse volte.

Ora l’aria era ritornata pulita, non più ammorbata.

Adesso il pericolo era passato. Per sempre?

Questa era la speranza, ma non la certezza.















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