martedì 23 dicembre 2014

provini - Mondo di simboli, Franca Riso


Mondo di simboli 
Franca Riso 

L’aurora rischiarava le sagome dei palazzi della città. Iniziava ad albeggiare e una luce brillante rendeva tutto più definito, netto. La notte stava ritirando veloce il suo buio, come se il sole prepotente volesse scacciar via le tenebre. Elena socchiuse gli occhi e respirò a fondo l’aria ancora frizzante della notte. <<E’ ora di muoversi>>, disse.

Si fece scivolare dalla testa il cappuccio della felpa. Le sue membra cominciavano a sciogliersi sotto il tepore del sole, anche l’andamento pareva più fluido. Attraversò i binari parallelamente a un grosso ratto grigio che a un tratto si alzò leggermente a fiutare l’aria. Un tempo, a quella vista, avrebbe fatto salti nevrotici come tutte le femmine sue coetanee, ormai da tempo però, aveva imparato a convivere con tutti, a apprezzarne l’essenza. Cacciò fuori dalla tasca la mano piena di roba, sul palmo spiccoli, un pezzo di corda e di pane. Tirò un boccone in direzione del ratto che prontamente lo raggiunse fra il luccichio delle rotaie. Leggera si avviò alla stazione dei bus.

Un gran via vai a quell’ora. La signora mesciata dai grossi orecchini lasciò a passi svelti il marciapiede 14 per infilare l’entrata della metro, Elena la incrociò dalla direzione opposta, la sua mano scivolò lesta nella borsa aperta. Pagò la colazione con una grossa banconota, non si fece dare il resto per la signora ma l’equivalente in panini farciti. Passò per le zone solite chinandosi leggermente per consegnare i sacchetti del cibo a quelli che non avevano più la destrezza di prendere e aspettavano chini, agli angoli. Aprì l’ultimo sacchetto a un paio di cani randagi per cui divise il panino a metà. Entrò con la sua tessera nella biblioteca universitaria. Le mancavano ancora un paio di settimane per l’esame, doveva darlo entro i termini, non poteva permettersi di andare fuori corso. Rimase a studiare per tutto il giorno e mise a caricare sia il cellulare che il tablet. Uscì che il sole era ancora alto e si incamminò verso la stazione. Da qualche parte, bambini intenti a giocare all’aperto, fecero arrivare le loro voci gioiose fino a lei e questo bastò per portarla nel suo sole estivo, caldo e presente sulle sue corse nei campi. Pensò che in fondo non molti anni la separavano da quei ricordi che invece le apparivano già così irrimediabimente lontani. Qualcosa d’insolito la allertò. Da quando viveva all’addiaccio aveva ripreso a fidarsi dei suoi sensi, quel silenzio fatto dal mancato cinguettio degli uccelli era una prova chiara che c’era un elemento insolito nel paesaggio. Arginò i binari e giunse al vagone dal lato opposto da cui solitamente vi giungeva. Stringendo nella destra un grosso sasso, salì piano i gradini in ferro. Una figura si stagliò improvvisa nello stretto corridoio. Era Tessa.

“Elena, è più di un’ora che ti aspetto.”

“Potevi chiamarmi.”

“Ora che ti decidi a accenderlo vedrai quante volte l’ho fatto.”

“Vero, scusa. L’ho messo a ricaricare e poi l’ho dimenticato spento.”

“Che c’è di così urgente?” chiese ancora.

“Stamattina a casa è passato tuo padre che ti cercava. Gli ho detto che stavi a lezione ma lui mi ha riferito che ripasserà stasera per salutarti prima di partire.”

Elena un pò si rabbuiò a pensare come sbrogliare la matassa.

” Va bene, allora vengo con te. Andiamo.”

“Portati un cambio, dormirai con noi stanotte.”

Elena annuì, dallo scompartimento prese poca roba e la sistemò nella borsa del PC. poi seguì Tessa.

“Mi mette imbarazzo quando devo mentire ai tuoi. Ti abbiamo chiesto mille volte di rimanere, sei nostra amica, proprio non ti riesce a mettere da parte l’orgoglio, vero?”

“Sai bene che i miei non possono permettersi di mantenermi e sai pure che io non voglio dargli il dispiacere di fargli sapere che i soldi che mi mandano bastano appena a pagarmi le tasse universitarie.”

“E tu non dirglielo. Sai però cosa significa per noi saperti esposta a mille pericoli?”

“Ma di quali pericoli vai parlando. Sto tutto il giorno all’università e la sera la passo nei vagoni in sosta.”

“Appunto. Quando potresti dormire da noi.”

” E far pagare a voi il mio posto letto a quell’aguzzino del padrone di casa? No grazie.”

Quando arrivarono all’appartamento il papà di Elena era già lì a attenderle. Le lasciò ancora un po’ di soldi assieme alle solite raccomandazioni, le diede il bacio affidatogli dalla moglie e poi a malincuore andò via.

Rosangela e Tessa la aggiornarono sulle loro ultime conquiste, sui nuovi locali che frequentavano sugli esami e perfino sui nuovi vestiti. Elena ascoltava e si rese conto, per la prima volta, che quella vita era lontana da lei anni luce. Era come se le sue amiche galleggiassero in uno stagnante presente mentre lei era in fuga verso il futuro. Non aveva più niente in comune con loro, estranea perfino alla se stessa di un anno prima. Dominò il malessere e passò con loro le ore notturne ma al mattino di buon’ora le lasciò e fu quella l’ultima volta che le vide.

Salì a spintoni sull’autobus che portava all’aereoporto cittadino. Il lembo della giacca tirato in alto dal braccio teso, lasciava scoprire il bozzo nella tasca posteriore dei pantaloni. Le dita esperte sfilarono senza intoppi il portafoglio, scese alla prima fermata. Si liberò del pellame e come suo solito offrì la colazione a chi ne aveva bisogno. La notte appena trascorsa l’aveva illuminata su un suo grosso potenziale e ora guardava il presente con occhi nuovi. Le davano fastidio tutti quei simboli che incanalavano le menti dentro unici schemi. Le sue amiche, vittime dell’omologazione dilagante si erano lasciate andare in comodi comportamenti collettivi. In lei invece questo processo, seppur avviato, era stato bloccato dalle diverse esigenze di vita. Riusciva a entrare in sintonia con gli altri esseri che vivevano nel suo stesso spazio, senza che questi dovessero necessariamente appartenere alla sua razza, riusciva a fare una netta distinzione fra l’utile e il superfluo. Il difficile però era equilibrare questa nuova coscienza al vivere quotidiano del suo tempo. L’aveva fatto, aveva lanciato la sfida al suo mondo di simboli.

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