ANDRÀ ORA IN ONDA...
Jay Baren
Quella notte Mario spense il computer (lui preferiva chiamarlo calcolatore) e andò a dormire.
Era tardi, aveva sonno, ma come da consuetudine perse la battaglia
contro i demoni dell'era digitale. Le terrificanti immagini che si
susseguivano sul suo telencefalo lo perseguitavano, torturandolo fino
allo sfinimento. Le ultime pervenute sul suo lettore RSS erano quelle
di Kristina e di sua figlia Kira (di appena un anno) dilaniate dalla
pioggia di bombe urkiene piovute sulla città di Lovkagor. E quelle dei
bambini di Zagar, che festeggiavano la fine del Daranam, caduti sotto i
colpi d'artiglieria dell'esercito di Zaionar. Di loro erano rimasti
pochi brandelli di carne.
Mario aveva preso la cattiva
abitudine di documentarsi autonomamente, selezionando con meticolosità i
contenuti informativi. Si rifiutava di pensare nel modo in cui, sin da
fanciullo, gli avevano insegnato a pensare. Con il tempo si era reso
conto che il suo cervello era divenuto una sorta di cane di Volvap, e,
seppur amante di questo splendido mammifero, lui rimaneva pur sempre un
essere umano: di conseguenza riteneva riduttivo il fatto di doversi
comportare come un cane.
Questa maniacale propensione al
ragionamento era esplosa quel famoso undici nove, quando aveva visto
quei due colossi di acciaio sgretolarsi come castelli di sabbia. Per non
parlare dell'aereo schiantatosi contro l'Esagono e quello precipitato a
Ciacksville: svaniti nel nulla, inghiottiti dall'oblio, fagocitati da
un'altra dimensione. C'era qualcosa che non quadrava.
Il
Teleschermo aveva raccontato al mondo intero la sua accecante verità, ma
lui era un cocciuto, testardo come un labrador, così aveva deciso di
attingere informazioni su rivernet, scoprendo delle cose molto
interessanti: qualcuno mentiva. Aveva fatto anche un'altra sconcertante
scoperta: le menzogne avevano uno schema ben definito e radici molto
antiche.
Un giorno decise di inserire queste rivelazioni nella
sfera delle conoscenze personali, ma amici e parenti lo derisero,
dissero “è impossibile, al Teleschermo non se n'è mai parlato”, poi
ripiombarono nello stato estatico dei loro packphone di ultima
generazione, dediti a ostentare un'ambigua neolingua: “sono stato
taggato”, “ho ricevuto un like”, “facciamoci un selfie”.
Mario
pensò che, forse, avrebbe dovuto sfruttare quella cerebropatia
collettiva a proprio vantaggio. Ma non lo fece. Non ne fu capace.
Il Teleschermo. Erano anni ormai che Mario si era disintossicato, anche
se a pranzo e a cena era costretto a farne un consumo forzato per via
dell'assunzione scriteriata che ne facevano gli altri commensali. In
queste occasioni soffriva molto però, perché percepiva le lesioni gravi
che quella ottuagenaria droga elettromagnetica causava nelle ignare
menti delle persone.
Il Teleschermo effondeva i suoi veleni
allucinogeni come un turibolo diabolico, che ipnotizzava i cervelli
facendoli precipitare in una realtà capovolta. Il dramma di chi vive in
una realtà capovolta è che beve aceto quando ha sete e ingoia sale per
arginare l'ipertensione. I danni sono incalcolabili.
Però a volte
gli veniva nostalgia di alcuni programmi del passato, tipo “Schegge” di
Ulrico Grezzi, che andava in onda in fascia notturna e che sulla sua
psiche esercitava un effetto distensivo ed edificante. Niente di che,
intendiamoci, solo filmati di repertorio provenienti dagli archivi
teleschermici, per lo più senza sonoro, ma proprio per questo riteneva
che avessero un elevato contenuto educativo.
Un giorno su rivernet
apprese la notizia che, con un disavanzo di oltre ventimila miliardi di
rubberi, i Paesi SAU erano sull'orlo del fallimento e necessitavano di
un nuovo conflitto bellico su scala mondiale per azzerare la bolla di
denaro virtuale. Le guerre che avevano già innescato in Gafghinastan,
Kuriq e Ialib erano soltanto piccoli pezzi di un puzzle molto più
grande, che doveva essere completato il prima possibile. Iniziarono,
quindi, gli esercizi di stile per dichiarare guerra all'Uraliuss che,
forte di un'economia florida, aborriva qualsiasi idea di uno scontro
armato. I SAU, però, dapprima contribuirono a rovesciare il governo
democraticamente eletto in Urkie (paese confinante dell'Uraliuss);
dopodiché scatenarono una guerra civile al suo interno; infine
sobillarono gli urkieni a compiere un'operazione “false flag”, tramite
l'abbattimento di un aereo di linea civile della Lamaisian Airway per
far ricadere la colpa sull'esercito filo-uraliuss, che combatteva per
liberare la nazione dagli estremisti urkieni. Ciliegina sulla torta,
dispiegarono l'arma più potente di tutte: il Teleschermo. Lo spettacolo
illusionistico era concluso.
Uptin, il presidente dell'Uraliuss,
che fu accusato di dare supporto militare ai filo-uraliuss, seppe
incassare il colpo e fornì tutte le prove necessarie per dimostrare la
propria innocenza e quella dei filo-uraliuss. Ma, malgrado la
Commissione Internazionale gli diede ragione, nulla potette contro il
Teleschermo. E, come era già accaduto per altri statisti prima di lui,
venne additato dal popolo eterodiretto come il nuovo mostro da
abbattere.
Mario iniziò a temere il peggio e cercò in tutti i modi
di far capire alla gente che stava commettendo un gravissimo errore, ma
la risposta divenne un adagio corale “al Teleschermo hanno detto che il
colpevole è Uptin”. Questo bipensiero dilagò come un'epidemia di peste
bubbonica, la tensione salì ai massimi livelli e poi un giorno...
qualcuno premette un bottone.
Mario era davanti alla finestra e
attraverso il vetro vide il cielo arroventarsi all'improvviso e un
enorme fungo di fuoco innalzarsi fino a squassare il tetto della
troposfera. Si asciugò le lacrime e una voce femminile dalla sala da
pranzo lo distolse per un attimo dal quel senso di terrore estremo: per
la rubrica “tempi passati” andrà ora in onda “schegge”, un programma
cult degli anni Ottanta.
Il Teleschermo era ancora acceso.
Nessun commento:
Posta un commento