martedì 23 dicembre 2014

semifinale - Andrà ora in onda..., Jab Baren

ANDRÀ ORA IN ONDA...
Jay Baren

Quella notte Mario spense il computer (lui preferiva chiamarlo calcolatore) e andò a dormire.
Era tardi, aveva sonno, ma come da consuetudine perse la battaglia contro i demoni dell'era digitale. Le terrificanti immagini che si susseguivano sul suo telencefalo lo perseguitavano, torturandolo fino allo sfinimento. Le ultime pervenute sul suo lettore RSS erano quelle di Kristina e di sua figlia Kira (di appena un anno) dilaniate dalla pioggia di bombe urkiene piovute sulla città di Lovkagor. E quelle dei bambini di Zagar, che festeggiavano la fine del Daranam, caduti sotto i colpi d'artiglieria dell'esercito di Zaionar. Di loro erano rimasti pochi brandelli di carne.

Mario aveva preso la cattiva abitudine di documentarsi autonomamente, selezionando con meticolosità i contenuti informativi. Si rifiutava di pensare nel modo in cui, sin da fanciullo, gli avevano insegnato a pensare. Con il tempo si era reso conto che il suo cervello era divenuto una sorta di cane di Volvap, e, seppur amante di questo splendido mammifero, lui rimaneva pur sempre un essere umano: di conseguenza riteneva riduttivo il fatto di doversi comportare come un cane.
Questa maniacale propensione al ragionamento era esplosa quel famoso undici nove, quando aveva visto quei due colossi di acciaio sgretolarsi come castelli di sabbia. Per non parlare dell'aereo schiantatosi contro l'Esagono e quello precipitato a Ciacksville: svaniti nel nulla, inghiottiti dall'oblio, fagocitati da un'altra dimensione. C'era qualcosa che non quadrava.
Il Teleschermo aveva raccontato al mondo intero la sua accecante verità, ma lui era un cocciuto, testardo come un labrador, così aveva deciso di attingere informazioni su rivernet, scoprendo delle cose molto interessanti: qualcuno mentiva. Aveva fatto anche un'altra sconcertante scoperta: le menzogne avevano uno schema ben definito e radici molto antiche.
Un giorno decise di inserire queste rivelazioni nella sfera delle conoscenze personali, ma amici e parenti lo derisero, dissero “è impossibile, al Teleschermo non se n'è mai parlato”, poi ripiombarono nello stato estatico dei loro packphone di ultima generazione, dediti a ostentare un'ambigua neolingua: “sono stato taggato”, “ho ricevuto un like”, “facciamoci un selfie”.
Mario pensò che, forse, avrebbe dovuto sfruttare quella cerebropatia collettiva a proprio vantaggio. Ma non lo fece. Non ne fu capace.

Il Teleschermo. Erano anni ormai che Mario si era disintossicato, anche se a pranzo e a cena era costretto a farne un consumo forzato per via dell'assunzione scriteriata che ne facevano gli altri commensali. In queste occasioni soffriva molto però, perché percepiva le lesioni gravi che quella ottuagenaria droga elettromagnetica causava nelle ignare menti delle persone.
Il Teleschermo effondeva i suoi veleni allucinogeni come un turibolo diabolico, che ipnotizzava i cervelli facendoli precipitare in una realtà capovolta. Il dramma di chi vive in una realtà capovolta è che beve aceto quando ha sete e ingoia sale per arginare l'ipertensione. I danni sono incalcolabili.
Però a volte gli veniva nostalgia di alcuni programmi del passato, tipo “Schegge” di Ulrico Grezzi, che andava in onda in fascia notturna e che sulla sua psiche esercitava un effetto distensivo ed edificante. Niente di che, intendiamoci, solo filmati di repertorio provenienti dagli archivi teleschermici, per lo più senza sonoro, ma proprio per questo riteneva che avessero un elevato contenuto educativo.
Un giorno su rivernet apprese la notizia che, con un disavanzo di oltre ventimila miliardi di rubberi, i Paesi SAU erano sull'orlo del fallimento e necessitavano di un nuovo conflitto bellico su scala mondiale per azzerare la bolla di denaro virtuale. Le guerre che avevano già innescato in Gafghinastan, Kuriq e Ialib erano soltanto piccoli pezzi di un puzzle molto più grande, che doveva essere completato il prima possibile. Iniziarono, quindi, gli esercizi di stile per dichiarare guerra all'Uraliuss che, forte di un'economia florida, aborriva qualsiasi idea di uno scontro armato. I SAU, però, dapprima contribuirono a rovesciare il governo democraticamente eletto in Urkie (paese confinante dell'Uraliuss); dopodiché scatenarono una guerra civile al suo interno; infine sobillarono gli urkieni a compiere un'operazione “false flag”, tramite l'abbattimento di un aereo di linea civile della Lamaisian Airway per far ricadere la colpa sull'esercito filo-uraliuss, che combatteva per liberare la nazione dagli estremisti urkieni. Ciliegina sulla torta, dispiegarono l'arma più potente di tutte: il Teleschermo. Lo spettacolo illusionistico era concluso.
Uptin, il presidente dell'Uraliuss, che fu accusato di dare supporto militare ai filo-uraliuss, seppe incassare il colpo e fornì tutte le prove necessarie per dimostrare la propria innocenza e quella dei filo-uraliuss. Ma, malgrado la Commissione Internazionale gli diede ragione, nulla potette contro il Teleschermo. E, come era già accaduto per altri statisti prima di lui, venne additato dal popolo eterodiretto come il nuovo mostro da abbattere.
Mario iniziò a temere il peggio e cercò in tutti i modi di far capire alla gente che stava commettendo un gravissimo errore, ma la risposta divenne un adagio corale “al Teleschermo hanno detto che il colpevole è Uptin”. Questo bipensiero dilagò come un'epidemia di peste bubbonica, la tensione salì ai massimi livelli e poi un giorno... qualcuno premette un bottone.

Mario era davanti alla finestra e attraverso il vetro vide il cielo arroventarsi all'improvviso e un enorme fungo di fuoco innalzarsi fino a squassare il tetto della troposfera. Si asciugò le lacrime e una voce femminile dalla sala da pranzo lo distolse per un attimo dal quel senso di terrore estremo: per la rubrica “tempi passati” andrà ora in onda “schegge”, un programma cult degli anni Ottanta.
Il Teleschermo era ancora acceso.

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