martedì 23 dicembre 2014

semifinale - Schegge dell'universo, Roberto Serafini


Schegge dell'universo
Roberto Serafini
 
«Ciao nonno, cosa fai?», chiese la bambina all’anziano, irrompendo nel piccolo terrazzo esterno della sala da pranzo.
«Sto guardando le stelle con il telescopio. E tu? Non dovresti essere a letto a quest’ora?», le rispose lui con un sorriso, senza staccare l’occhio dall’obiettivo.
«Sono venuta a darti la buonanotte.» La piccola gli tirò un lembo della giacca e sporse le labbra in avanti, in attesa della guancia dell’amato nonno.
«Buonanotte, piccolina», le rispose lui, concedendosi all’istante e chinandosi leggermente verso la nipote.
In punta di piedi la piccola gli schioccò un rumoroso bacio affettuoso e, subito dopo, prima di congedarsi, gli porse ancora una domanda. «Nonno, cosa sono le stelle?»
«Le stelle sono quei piccoli punti luminosi lassù nel cielo, mia cara», rispose d’istinto, pensando di soddisfare così la curiosità della bimba.
«Sì, ma cosa sono veramente? E perché stanno lassù nel cielo?»
Il nonno sorrise e accarezzò con delicatezza una gota paffutella della bimba, poi cercò una risposta convincente da darle. «Vedi, mia cara piccola e curiosa bambina, le stelle sono minuscole e luminose schegge di un qualcosa molto più grande di loro. Fanno parte dell’universo infinito, così immenso che non lo si può né toccare né misurare.»
La bambina lo guardò perplessa, con quei suoi bellissimi occhioni blu, poggiandosi un ditino sul labbro inferiore, riflettendo e cercando di risolvere dentro di sé un enigma troppo grande per la sua età. «Non sono sicura di aver capito bene», sospirò lei, «puoi spiegarmi meglio?»
Il nonno, allora, le prese una manina e la condusse dentro la casa. «Vieni, ti voglio mostrare una cosa che forse ti aiuterà a capire.» L’anziano aveva diverse passioni e, oltre all’astronomia, si dilettava anche nella scultura. Portò la piccola nel garage, dove aveva ricavato un laboratorio e dentro al quale si stagliava, fiero, un blocco di marmo bianco, poggiato sul bancone da lavoro.
Prese quindi lo scalpello e il martello e, guardando la bambina, le raccomandò di fare molta attenzione. «Ora stai attenta, e guarda bene.»
Poggiò la punta dello scalpello sul blocco di marmo e, badando bene di non procurare danno alla bimba, diede un colpo secco con il martello. La punta del ferro incise la pietra, facendo volare lontano una piccola scheggia, che andò a sbattere contro la parete di fronte. Posò gli attrezzi sul bancone e si rivolse ancora alla nipote, chiedendole se avesse notato qualcosa in particolare.
«Certo», rispose risoluta lei. «Hai dato un colpo forte forte e ho visto un pezzo volare via.»
Il nonno sorrise compiaciuto per l’argutezza della piccola. Poi andò a cercare la scheggia di marmo caduta a terra e la raccolse. Gliela mostrò e le chiese: «Se tu non avessi visto da dove è nata questa scheggia, avresti potuto immaginare che provenisse da quel blocco lì?»
Lei alzò le spallucce e rispose con innocenza: «No, nonno.»
«Eppure, questa piccola pietruzza insignificante e solitaria è proprio come le stelle del cielo. Un tempo anche loro facevano parte di un qualcosa di unico. Finché “qualcuno”, con un colpo, le lasciò volare via, libere e indipendenti l’una dall’altra, a galleggiare nello spazio infinito dell’universo, di cui anche noi facciamo parte.»
«Allora siamo anche noi delle schegge?», ribatté sorridendo la bambina.
«Sì che lo siamo.»
«Ho capito tutto adesso. Anche la mamma è una stella, e sta lassù nel cielo con tutte le altre mamme del mondo.»
La bambina prese il nonno per una mano e lo condusse di nuovo in casa.
«Nonno, posso chiederti un ultimo favore?»
«Dimmi pure, piccola mia.»
«Voglio guardare le stelle anche io con il tuo telescopio.»
«E va bene, ma dopo promettimi che andrai a dormire. Si è fatto molto tardi.»
I due, mano nella mano, si avviarono di nuovo nel piccolo terrazzo e, giunti ai piedi del cavalletto che sosteneva lo strumento, si prepararono a scrutare le meraviglie del cielo notturno.
«Nonno, quelle stelle sembrano tutte uguali.»
«Sembrano, ma non lo sono.»
«Ma la mamma, come posso riconoscerla tra tante stelle?»
«Infatti non puoi, però sai che c’è. È proprio una tra quelle.»
La bimba guardava dentro l’oculare del telescopio, sembrava ne cercasse una in particolare, finché d’un tratto esclamò felice.
«Eccolaaaa! Nonno, l’ho trovata. C’è una stella bellissima, è azzurra e luccica più di tutte le altre. La chiamerò Mamma! Guarda anche tu e dimmi se ti piace.»
Il nonno avvicinò l’occhio al telescopio e dopo qualche secondo, rispose alla bimba: «Oh, sì. La vedo. È bellissima. Hai scelto proprio bene, piccola mia. Possiamo averla in comune quella stella? Tu la chiamerai “Mamma” e io la chiamerò “Figlia”, se non ti dispiace.»
«No che non mi dispiace! Possiamo! Grazie nonno per avermi fatto rivedere la mia mamma. Adesso posso andare a dormire felice. Buonanotte.»
«Buonanotte, tesoro», rispose il vecchio, voltandosi verso l’adorata bambina, che lo guardò con un tremito di preoccupazione.
«Ma… nonno. Perché hai gli occhi bagnati? Stai piangendo?»
«No, no! Non sto piangendo», le disse, cercando subito di rassicurarla. «Sono solo delle piccole schegge che si sono staccate dal mio vecchio e fragile cuore.»

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