Dreaming of heart
Sciannimanico Cosima



L’aurora rischiarava le sagome dei palazzi della città. Iniziava ad albeggiare e una luce brillante rendeva tutto più definito, netto. La notte stava ritirando veloce il suo buio, come se il sole prepotente volesse scacciar via le tenebre. Elena socchiuse gli occhi e respirò a fondo l’aria ancora frizzante della notte. <<E’ ora di muoversi>>, disse.

Un’eredità, le era stato detto…

Come se un’insulsa eredità potesse sostituire la presenza rassicurante e dolce dei suoi nonni…. Non si rese nemmeno conto di quanto durò il suo viaggio in auto, persa com’era nel flusso incessante dei suoi pensieri. Tutto quello in cui credeva si era frantumato come un castello di sabbia sotto il piede distratto di un bambino. <<Siamo arrivati, signorina>> disse l’uomo aprendole lo sportello.

Era davvero buffo quel notaio: portava degli occhialini minuscoli sul naso, e di tanto in tanto li tirava su con il dito ed aveva i capelli neri come la pece. Sembravano quasi di plastica, il che portò Elena a pensare a che dose industriale di gel usasse per tenerli così fermi.

Non appena uscì dall’auto, si guardò intorno, era la casa dei suoi nonni.

Conosceva fin troppo bene quel luogo: ci aveva passato l’infanzia, tra le mura di quella casa. Un sorriso spontaneo le colorò le labbra mentre s’incamminava, ma una volta sull’uscio le sue gambe si bloccarono. Quasi vedeva sua nonna aspettarla davanti alla porta con il solito sorriso dolce, e quegli occhi pieni d’amore che la caratterizzavano. Il nonno di certo era seduto come al solito alla sedia a capotavola, e sistemava chissà cosa.

Al suo arrivo avrebbe alzato lo sguardo sorridendole in modo spontaneo, e dopo avrebbe scherzato con lei come quando era ancora una bambina.

Solo dopo si rese conto che stava piangendo, lì immobile e come una stupida.

Nonostante quella casa le fosse così cara, sembrava vuota e cupa ora che non c’erano loro ad abitarla.

Passò davanti al grande mobile nel corridoio ingoiò a vuoto e girò lo sguardo dalla parte opposta, dove una porta conduceva al grande soggiorno. Vi entrò. Sul divano di pelle marrone, di fianco allo stereo, poteva quasi vedere sua nonna mentre recitava il rosario, con la coroncina tra le mani. E dalla finestra che dava sul balcone poteva osservare suo nonno che dava da mangiare a tutti i gatti randagi del quartiere, che ormai lo riconoscevano quasi come fosse il loro Dio.. Si spostò piano ed entrò in sala da pranzo.

Ricordava quando sedeva di spalle al tavolo, mentre sua nonna le preparava dei tramezzini al formaggio caldo e suo nonno guardava con lei qualche cartone animato alla tv, quelle cose da bambini che magari non gli piacevano per niente, ma rendevano felice la sua nipotina e quindi anche lui. Che vuoto incredibile avevano lasciato…

Dopo aver firmato il documento, ed aver comunicato al notaio che intendeva restare li, lo salutò cordialmente e chiuse la porta alle sue spalle.

Prese la borsa ed uscì, dirigendosi verso il primo supermarket vicino. Comprò quindi dei detersivi e tutto quello che le serviva per ripulire la sua casa.

Quando tornò,prese un sospiro per poi stringere una mano a pugno intorno alla busta.

<<Perfetto Elena, adesso rimboccati le maniche e facciamo respirare questo posto.>> disse a se stessa prima di cominciare a ripulire tutto.

Prima che se ne rendesse conto si era già fatto buio. Era così esausta che si lasciò andare sul divano, cadendo quasi immediatamente addormentata. Di solito quando era stanca non sognava per niente, ma quel giorno stranamente non fu così.

Nel sogno sembrava quasi che il tempo fosse tornato indietro. Si alzò dal divano e si diresse in cucina. Là, china sui fornelli, ecco sua nonna… Corse verso di lei stringendola dalle spalle. << Sei qui davvero, nonna?! Mi sei mancata così tanto che credevo d’impazzire!>>

Lei sorrise per poi voltarsi a guardarla: le prese il viso tra le mani morbide nonostante l’età e disse: << Che stupidina che sei, dove altro dovrei essere?! Io ed il nonno non lasciamo la nostra bambina nemmeno per un secondo >> disse sua nonna.

<< Ma…Io mi sento sola. Il fatto di non poterti abbracciare mi sta facendo impazzire.>> confessò piangendo.

<< Non mi stai forse abbracciando adesso? Ricorda, figlia mia, la vita umana non è come quella di un oggetto, che quando si rompe l’hai perduto per sempre … Il corpo è solo un involucro, quello che conta è ciò che hai dentro…ed io sono sempre qui, nel tuo cuore.>> spiegò la nonna indicandole il petto. << La nonna ha ragione. L’amore che proviamo per te è eterno, e va oltre ogni cosa. Non devi sentirti sola perché noi viviamo in te e negli insegnamenti che ti abbiamo dato.>> aggiunse il nonno arrivando alle spalle di Elena. << E cosa farò quando vorrò vedervi e stringervi?>> chiese ancora la ragazza. << Siediti e chiudi gli occhi. Ricorda tutti i momenti che hai passato con noi, e poi parlaci con il tuo cuore. >> le rispose il nonno, e lei annuì chinando la testa, mentre i singhiozzi ancora la scuotevano. <<Siete orgogliosi di me? Siete d’accordo con le scelte che faccio oppure in qualche momento vi ho…deluso?>>

La nonna rise e la strinse tra le braccia, mentre il nonno le carezzava il capo.

<< Non vi è stato un solo momento in cui non siamo stati orgogliosi di te, piccola mia…>> cominciò lei.

<< Promettetemi che starete sempre con me e che continuerete a tenere la mia mano anche se non sentirò la vostra stretta … >> disse infine Elena e loro annuirono portandosi una mano al petto.

Le prime luci dell’alba la destarono proprio in quel momento.

Il cielo aveva una varietà così diversa di colori che non riempivano solo gli occhi ma anche il suo cuore, adesso pieno di una nuova serenità.

Si alzò avvicinandosi alla finestra e chiuse gli occhi prendendo un gran respiro.

Perché aveva perso tutto quel tempo a torturarsi con la sofferenza della perdita, quando la risposta era proprio davanti ai suoi occhi? Perché si sa, no? Come l’amore stesso, le cose più belle sono quelle che non puoi toccare con mano, ma che senti con il cuore…