Io sono..
Andrea Di Lauro
L’aurora rischiarava le sagome dei palazzi della città. Iniziava ad albeggiare e una luce brillante rendeva tutto più definito, netto. La notte stava ritirando veloce il suo buio, come se il sole prepotente volesse scacciar via le tenebre. Elena socchiuse gli occhi e respirò a fondo l’aria ancora frizzante della notte.“E’ ora di muoversi”, disse.
Doveva
farsi coraggio, perché quel giorno, Elena doveva morire, per far spazio a
Irina, una giovane ragazza dal fisico slanciato e dai capelli aurei.
Servendosi degli abitudinari movimenti pacati ripulì la stanza
dell’albergo dalle sue tracce organiche e, con un atteggiamento attuo a
nascondere la pesante sensazione che proveniva dal ventre appena sotto
l’ombelico, si avviò frettolosamente verso l’elegante portone d’uscita.
Il picchettare dei tacchi sullo sgombro e umido marciapiede veniva
scandito dal nervoso susseguirsi dei sottili arti inferiori, i quali
germogliavano da una gonna a righe non troppo corta. “Devi calmarti, sei
una professionista”, si ripeteva mentre si avvicinava alla
destinazione.Emerse un’ombra dal
vicolo alle sue spalle, “Elena, pss, Elena!”… Ma il disarmonico
tintinnare dei pesanti orecchini continuò senza sosta. “Elena fermati,
sono io” ribadì infastidita la voce. La ragazza si voltò di scatto,
fermandosi in una posa difensiva al quanto distratta, ma quando
riconobbe il suo compagno lasciò cascare mollemente le braccia per
dirigere lo sguardo al cielo grigiastro. “Che ti prende? Non vorrai
cedere al panico l’ultimo giorno? Il giorno della chiusura?” disse Gary
accompagnando velocemente Elena col braccio ammantatogli attorno alla
vita. Eppure l’attuale consapevolezza della propria fragilità psichica
la fece barcollare sul minuscolo spessore del tacco destro che fino a
quel momento tanto magistralmente aveva utilizzato. Si sistemò l’abito
bicolore, e fece un piccolo respiro consolatorio, come per rassicurare
sia lei che Gary, poi, ordinando meticolosamente l’accurata capigliatura
disse “tranquillo, ho la situazione sotto completo controllo, come ben
saprai è per colpa della Crisi se mi trovo in questa situazione, queste
ultime settimane sono state veramente dure”. Per troncare la piccola
discussione Gary annuì, anche se il comportamento della compagna lo
aveva al quanto turbato.“Eccola, è
la Crisi” bisbigliò la voce femminile. “Si, sono loro” rispose lui,
mentre camminavano cautamente all’interno del parcheggio sotterraneo. Il
luogo, semibuio e dagli ampi spazi, che veniva perforato da alti e
spessi pilastri di cemento rinforzato venne scelto per merito di una
particolare caratteristica, ovvero la sua assenza di telecamere. I due
uomini della Crisi, l’organizzazione che produceva e vendeva armi al
miglior offerente, stazionavano immobili, inespressivi, e dagli abiti
scuri non trapelava nessuna emozione. Gary cominciò come da abitudine a
perlustrare la zona con lo sguardo, mentre il più tarchiato dei due si
rivolse a Elena, “è questo l’uomo dei quattrini? Irina dov’è la
valigetta col contante?” Un minuscolo sorriso sbocciò nell’angolo delle
labbra di Elena, ma esso tentava soltanto di celare l’angosciante guerra
che stava infuriando al suo interno ormai da giorni. Lo sapeva che era
un lavoro difficile, tenere il piede in due staffe è estremamente
logorante gli disse il capo a inizio operazione, e di questo fatto la
sua mente ne era ben conscia. “Ma certo” continuò il criminale, “prima
volete vedere la merce”. Fu così che venne rivelata l’arma, un composto
batteriologico a nanotecnologie integrate che poteva eliminare
istantaneamente determinate tipologie di DNA. Il viso di Gary si oscurò,
e il suo sguardo premeva sul volto di Elena come per dire cosa stesse
aspettando ad estrarre l’arma. Ma l’indecisione era sua compagna. Dovrei
arrestarli adesso, pensava, però negli ultimi mesi mi sono trovata
assai comoda nei panni di Irina. Sono stata così bene, da anni non mi
sentivo così viva, perfino questo costruito accento russo mi si accinge
perfettamente. L’acustica rimbombante riportò i pensieri di Elena
all’istante presente. “Allora? Irina, dove sono i soldi?” Ma la
spaccatura nella sua personalità si era allargata e questo la
confondeva, e contemporaneamente la eccitava, perché gli faceva provare
un terrore adrenalinico che proiettava a se stessa la consapevolezza di
esistere. Di fronte a lei, i due uomini in abiti gessati aspettavano,
agitati e impazienti, mentre alle sue spalle percepiva la pressione
psicologica del suo compagno che aleggiava nervosamente. La scelta era
inevitabile, e le immagini passate delle missioni venivano centrifugate
nella mente di Elena, immagini e ricordi che non facevano altro che
contribuire al presente dilemma. In ogni operazione attua ad avvicinarmi
all’arma batteriologica, varcata la porta di casa morivo, morivo per
far spazio a Irina, pensava Elena. Ma morivo, o finalmente nascevo? Chi
sono io? Il fatto è che fino a quando continuiamo a dire io sono, non
conosceremo mai chi siamo.
“Ora basta! A terra le armi e mani in
vista! Non fate scherzi o cambio per sempre l’espressione della vostra
lurida faccia!”. L’eco della voce di Gary pervase l’ambiente. “Lo
sapevamo che eri una spia, brutta cagna!”, urlarono i membri della Crisi
con le pistole direttamente puntate al petto dei componenti dei servizi
segreti. “Che aspetti Elena!”. Furono queste le ultime parole di Gary
che l’infiltrata udì dopo aver estratto la sua fidata compagna calibro
12. Qualche minuto dopo, la ragazza dai capelli aurei aiutò i due
terroristi a caricare il corpo esanime sul furgone. Il più tarchiato si
rivolse a lei “sai, per un momento ho pensato che fossi una spia
governativa, andiamocene il prima possibile e, Irina, mi raccomando non
dimenticare il contante”. Elena aveva scelto, e si prese un momento per
metabolizzare la decisione e soprattutto le sue conseguenze. Anche a
costo di incorrere in conseguenze catastrofiche devo essere ciò che
realmente sono. Per una vita intera mi hanno chiamato Elena, eppure io
non sono Elena, forse non sono neanche Irina, ma sicuramente le somiglio
di più.
Nessun commento:
Posta un commento