mercoledì 21 gennaio 2015

provini - Io sono..., Andrea Di Lauro

Io sono.. 

Andrea Di Lauro

 
L’aurora rischiarava le sagome dei palazzi della città. Iniziava ad albeggiare e una luce brillante rendeva tutto più definito, netto. La notte stava ritirando veloce il suo buio, come se il sole prepotente volesse scacciar via le tenebre. Elena socchiuse gli occhi e respirò a fondo l’aria ancora frizzante della notte.
“E’ ora di muoversi”, disse.

Doveva farsi coraggio, perché quel giorno, Elena doveva morire, per far spazio a Irina, una giovane ragazza dal fisico slanciato e dai capelli aurei. Servendosi degli abitudinari movimenti pacati ripulì la stanza dell’albergo dalle sue tracce organiche e, con un atteggiamento attuo a nascondere la pesante sensazione che proveniva dal ventre appena sotto l’ombelico, si avviò frettolosamente verso l’elegante portone d’uscita. Il picchettare dei tacchi sullo sgombro e umido marciapiede veniva scandito dal nervoso susseguirsi dei sottili arti inferiori, i quali germogliavano da una gonna a righe non troppo corta. “Devi calmarti, sei una professionista”, si ripeteva mentre si avvicinava alla destinazione.Emerse un’ombra dal vicolo alle sue spalle, “Elena, pss, Elena!”… Ma il disarmonico tintinnare dei pesanti orecchini continuò senza sosta. “Elena fermati, sono io” ribadì infastidita la voce. La ragazza si voltò di scatto, fermandosi in una posa difensiva al quanto distratta, ma quando riconobbe il suo compagno lasciò cascare mollemente le braccia per dirigere lo sguardo al cielo grigiastro. “Che ti prende? Non vorrai cedere al panico l’ultimo giorno? Il giorno della chiusura?” disse Gary accompagnando velocemente Elena col braccio ammantatogli attorno alla vita. Eppure l’attuale consapevolezza della propria fragilità psichica la fece barcollare sul minuscolo spessore del tacco destro che fino a quel momento tanto magistralmente aveva utilizzato. Si sistemò l’abito bicolore, e fece un piccolo respiro consolatorio, come per rassicurare sia lei che Gary, poi, ordinando meticolosamente l’accurata capigliatura disse “tranquillo, ho la situazione sotto completo controllo, come ben saprai è per colpa della Crisi se mi trovo in questa situazione, queste ultime settimane sono state veramente dure”. Per troncare la piccola discussione Gary annuì, anche se il comportamento della compagna lo aveva al quanto turbato.“Eccola, è la Crisi” bisbigliò la voce femminile. “Si, sono loro” rispose lui, mentre camminavano cautamente all’interno del parcheggio sotterraneo. Il luogo, semibuio e dagli ampi spazi, che veniva perforato da alti e spessi pilastri di cemento rinforzato venne scelto per merito di una particolare caratteristica, ovvero la sua assenza di telecamere. I due uomini della Crisi, l’organizzazione che produceva e vendeva armi al miglior offerente, stazionavano immobili, inespressivi, e dagli abiti scuri non trapelava nessuna emozione. Gary cominciò come da abitudine a perlustrare la zona con lo sguardo, mentre il più tarchiato dei due si rivolse a Elena, “è questo l’uomo dei quattrini? Irina dov’è la valigetta col contante?” Un minuscolo sorriso sbocciò nell’angolo delle labbra di Elena, ma esso tentava soltanto di celare l’angosciante guerra che stava infuriando al suo interno ormai da giorni. Lo sapeva che era un lavoro difficile, tenere il piede in due staffe è estremamente logorante gli disse il capo a inizio operazione, e di questo fatto la sua mente ne era ben conscia. “Ma certo” continuò il criminale, “prima volete vedere la merce”. Fu così che venne rivelata l’arma, un composto batteriologico a nanotecnologie integrate che poteva eliminare istantaneamente determinate tipologie di DNA. Il viso di Gary si oscurò, e il suo sguardo premeva sul volto di Elena come per dire cosa stesse aspettando ad estrarre l’arma. Ma l’indecisione era sua compagna. Dovrei arrestarli adesso, pensava, però negli ultimi mesi mi sono trovata assai comoda nei panni di Irina. Sono stata così bene, da anni non mi sentivo così viva, perfino questo costruito accento russo mi si accinge perfettamente. L’acustica rimbombante riportò i pensieri di Elena all’istante presente. “Allora? Irina, dove sono i soldi?” Ma la spaccatura nella sua personalità si era allargata e questo la confondeva, e contemporaneamente la eccitava, perché gli faceva provare un terrore adrenalinico che proiettava a se stessa la consapevolezza di esistere. Di fronte a lei, i due uomini in abiti gessati aspettavano, agitati e impazienti, mentre alle sue spalle percepiva la pressione psicologica del suo compagno che aleggiava nervosamente. La scelta era inevitabile, e le immagini passate delle missioni venivano centrifugate nella mente di Elena, immagini e ricordi che non facevano altro che contribuire al presente dilemma. In ogni operazione attua ad avvicinarmi all’arma batteriologica, varcata la porta di casa morivo, morivo per far spazio a Irina, pensava Elena. Ma morivo, o finalmente nascevo? Chi sono io? Il fatto è che fino a quando continuiamo a dire io sono, non conosceremo mai chi siamo. “Ora basta! A terra le armi e mani in vista! Non fate scherzi o cambio per sempre l’espressione della vostra lurida faccia!”. L’eco della voce di Gary pervase l’ambiente. “Lo sapevamo che eri una spia, brutta cagna!”, urlarono i membri della Crisi con le pistole direttamente puntate al petto dei componenti dei servizi segreti. “Che aspetti Elena!”. Furono queste le ultime parole di Gary che l’infiltrata udì dopo aver estratto la sua fidata compagna calibro 12. Qualche minuto dopo, la ragazza dai capelli aurei aiutò i due terroristi a caricare il corpo esanime sul furgone. Il più tarchiato si rivolse a lei “sai, per un momento ho pensato che fossi una spia governativa, andiamocene il prima possibile e, Irina, mi raccomando non dimenticare il contante”. Elena aveva scelto, e si prese un momento per metabolizzare la decisione e soprattutto le sue conseguenze. Anche a costo di incorrere in conseguenze catastrofiche devo essere ciò che realmente sono. Per una vita intera mi hanno chiamato Elena, eppure io non sono Elena, forse non sono neanche Irina, ma sicuramente le somiglio di più.

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