La Lama Prezzolata
Tiziano Fares
L’aurora rischiarava le sagome dei palazzi della città. Iniziava ad albeggiare e una luce brillante rendeva tutto più definito, netto. La notte stava ritirando veloce il suo buio, come se il sole prepotente volesse scacciar via le tenebre. Elena socchiuse gli occhi e respirò a fondo l’aria ancora frizzante della notte.“E’ ora di muoversi”, disse.
La timida luce che affiorava
all’orizzonte si stava lentamente alzando ed Elena doveva fare in
fretta. Riverso al centro della stanza con un pugnale conficcato nel
collo vi era Gregor, governatore della città di Urus. Un’intera notte
per penetrare nella villa senza essere notata dalle sentinelle e
soltanto invece pochi attimi c’erano voluti per completare l’incarico
che gli era stato assegnato il giorno precedente da quella strana figura
incappucciata. Un efferato delitto per chiunque, ma non per Elena, la
“Lama Prezzolata di Rivocorto”. Il pensiero della borsa d’oro che
l’aspettava nel vicolo del porto era talmente ridondante nella mente
della donna che, dirigendosi verso la finestra per calarsi giù nei
giardini, urtò un mobile facendo cadere rovinosamente a terra un
portagioie di cristallo. Fuori dalla porta subito si udirono i passi
veloci delle sentinelle allarmate dal rumore ed Elena non avrebbe mai
potuto affrontarle in uno scontro frontale sola contro più uomini e
dunque non gli rimaneva altro che gettarsi giù dalla finestra.
Con tre passi fu subito al davanzale e
con un salto si proiettò in picchiata. L’atterraggio non fu dei migliori
ma la vita vale sicuramente di più di una caviglia malconcia e grazie
alla sua scelta ardita di saltare riuscì ad uscire dalla villa. Con
passo incerto dovuto al dolore alla caviglia Elena si diresse verso il
porto dove ad attenderla ci sarebbe stato il mandante dell’omicidio con
la borsa d’oro da lei tanto desiderata. Le strade ben presto divennero
brulicanti di guardie che correvano su e giù come dei cani da caccia.
Elena capì allora che la morte del governatore era ormai affare pubblico
e decise di rallentare i suoi passi per poter meglio osservare dove si
poteva o meno passare. Dopo un paio d’ore finalmente la donna giunse al
vicolo del porto dove ad attenderla seduto su un barile c’era
l’incappucciato che vedendola si alzò battendo le mani compiaciuto e
disse: “Se vuoi un lavoro perfetto non c’è nessuno migliore della Lama
Prezzolata!”. Estrasse allora da sotto la sua tunica una borsa piena
d’oro e la porse ad Elena che con un gesto di intesa la prese. La
bramosia di ricchezza era stata da sempre il punto debole di Elena ed
anche questa volta, nel momento in cui prese la borsa, abbasso la
guardia e quando si voltò l’incappucciato la colpì violentemente alla
nuca facendola crollare rovinosamente a terra. Elena intontita girò il
capo verso l’incappucciato che delicatamente scoprì il suo viso
rivelando la sua identità: Token, il figlio del governatore.
Il colpo subito aveva fatto perdere i
sensi ad Elena che si risvegliò soltanto poche ore più tardi in un’umida
ed angusta cella. In pochi secondi mille e più pensieri affollarono la
mente dell’assassina. Era stata incaricata dal figlio del governatore di
uccidere il governatore stesso, ma la legge parlava chiaro in merito
alla successione nel ruolo del governatore che doveva essere per voto e
non per linea ereditaria e dunque non si capacitava del motivo per cui
Token volesse la morte di suo padre Gregor perdendo così gran parte dei
benefici che la posizione del padre gli recava. Non riuscendo a trovare
una risposta ai suoi quesiti decise di rinviare la soluzione dell’enigma
e rivolse la sua attenzione alla guardia assopita fuori dalla sua
cella.
La guardia era un po’ avanti con gli anni
ed il suo fisico grassoccio ne era una chiara dimostrazione. Elena
fischiò rumorosamente e la guardia sobbalzò destata dal suo torpore ed
esclamò: “Si è svegliata la bella addormentata! La Lama Prezzolata che
tanto viene decantata che si fa catturare con tante belle monete del
regno di Axon è veramente un brutto affare sai? Per fortuna che non
durerà la tua sofferenza”. Finendo la frase il carceriere indicò la
finestra sbarrata dalla quale si scorgeva il cortile esterno e nel cui
mezzo era in allestimento una forca. Elena non aveva altra scelta,
doveva fuggire ora per salvare la propria vita e per far luce
sull’intrigo ordito da Token.
Ai suoi piedi giacevano dei resti umani
nei quali spiccava un piccolo acuminato ossicino. La Lama si piegò su se
stessa come per stirare la schiena dolorante e con un movimento rapido
raccolse e strinse nel proprio pugno l’ossicino. La guardia non si era
accorta di nulla e riprese a parlare: “Sai ragazzina per la tua bravata
scoppierà una guerra. Token, il figlio del governatore, ha dichiarato lo
stato di allarme e si è autoproclamato protettore della cittadella
richiamando tutti i soldati alle armi per combattere quei luridi
Axoniani e questo sai che vuol dire? Vuol dire che io, il vecchio Kerr,
dovrò tornare a combattere una guerra e razza di sgualdrina credi che un
vecchio come me possa farcela?” . Elena lo fissò negli occhi e gli
rispose: “Non ti preoccupare vecchio non ci andrai in guerra”. Spostò
leggermente il corpo in avanti guadagnando una posizione maggiormente
aerodinamica di modo che il suo proiettile potesse viaggiare più
velocemente, ritrasse brevemente la mano destra come un giocatore
d’azzardo che si prepara a lanciare la sua ultima fiche e lasciò partire
poi l’acuminato ossicino che in un attimo squarciò la gola di Kerr che
cadde sanguinante davanti la cella.
Elena lo tirò a se cosi da poter prendere dalla sua cintura le chiavi
della prigione e poter completare la sua fuga. Uscita dalla cella
raccolse i suoi coltelli da lancio e il suo pugnale che erano tenuti da
Kerr sulla scrivania e si diresse verso la porta quando sentì lo stesso
Kerr con il suo ultimo goccio di vita sussurrare: “Che tu sia maledetta
Lama. Hai condannato questa città e tutta la sua gente”.
Nessun commento:
Posta un commento