Frammenti d’alba
Norma Nassi
L’aurora rischiarava le sagome dei palazzi della città. Iniziava ad albeggiare e una luce brillante rendeva tutto più definito, netto. La notte stava ritirando veloce il suo buio, come se il sole prepotente volesse scacciar via le tenebre. Elena socchiuse gli occhi e respirò a fondo l’aria ancora frizzante della notte. <<E’ ora di muoversi>>, disse.
Avrebbe voluto che quel chiarore illuminasse anche la sua anima.
Per la prima volta nella sua vita, doveva fare un salto nel buio e non
riusciva ancora a capacitarsene. <<Non dirmelo: oltre ad essere
una nottambula recidiva, stai diventando anche mattiniera? Sai, esiste
anche qualcosa di nome “riposo”. Di solito giova alla salute e fa
sparire quelle occhiaie da panda che ti ritrovi.>>. La voce
profonda di Alessandro interruppe per un breve istante i suoi pensieri.
<<A me piacciono i panda, lo sai.>>. <<Anche a me,
soprattutto se sanno preparare il latte col cioccolato come fai
tu.>>. Da quando erano piccoli, quello del latte e cioccolato
(cioccolatte, come lo chiamava Alessandro da bambino) preparato da Elena
era un vero rito: che fosse il primo giorno senza febbre o la notte
prima dell’esame di maturità, quella semplicissima bevanda era sempre
stata testimone delle loro confidenze. <<Andiamo, sorellona. Mi
devi un bel bicchiere per aver turbato il mio preziosissimo
sonno.>>. Effettivamente interrompere i regolari sonnellini del
fratello era ardua impresa per chiunque già dai tempi della culla, e dal
momento che era certa di non aver fatto rumore mentre sgattaiolava
fuori dalla loro stanza, vederlo sveglio all’alba la stupì moltissimo.
<<Faresti qualunque cosa per avere il tuo cioccolatte, eh?>>
ridacchiò, rientrando in salotto per dirigersi verso la cucina. I loro
genitori stavano ancora dormendo, dopotutto era agosto. Finalmente
nessuna sveglia all’alba per il padre, faticosamente messosi in ferie
per non subire i colpi del caldo micidiale che da settimane avvolgeva la
loro città. <<E’ pur sempre il primo giorno, da cinque mesi a
questa parte, che non ti sento singhiozzare prima di dormire e non
appena sei sveglia. Neppure Morfeo in persona potrebbe impedirmi di
vedere i primi segni di ripresa e brindare con te.>> <<Come
sai che sono…?>> <<Te l’ho detto. Niente singhiozzi la
notte, quando sei certa che siamo tutti addormentati; niente cuscino
bagnato di lacrime al mattino, quando ti stropicci gli occhi e fingi che
sia perché devi ancora svegliarti e non per eliminare le ultime prove
del tuo pianto.>> spiegò lui, sedendosi al suo posto. Con aria
compiaciuta fissò la sorella mentre interrompeva la delicata operazione
di versamento del latte nelle loro tazze preferite, sempre le stesse:
Alessandro usava solo ed esclusivamente il bicchiere con le figure di
Paperino, Elena la tazza bianca con decorazioni blu che aveva ereditato
dalla nonna. <<Sai, non riesco ancora a credere che tu mi abbia
davvero regalato il tuo prezioso bicchiere.>> disse a quel punto
Alessandro, fissando perplesso il recipiente. Lo faceva ogni singola
volta. <<Non la finivi più di frignare e ho avuto pietà di te, lo
ammetto.>> scherzò lei, mescolando il cioccolato in polvere al
latte. Una volta seduta, Elena osservò il fratello. Sapeva che aspettava
di sentirla parlare. <<Ho deciso di rifiutare lo stage a
Bruxelles. E cambierò indirizzo universitario. Ci ho pensato molto, e
anche se credo che a mamma e papà verrà un colpo, sono certa che sia la
cosa più giusta da fare.>> Alessandro annuì. <<Non mi dici
nulla?>> chiese stupita. <<Approvo in pieno, sorellona. Mi
saresti mancata troppo, e poi…>> <<E poi?>> <<Tu
non volevi quello stage, né Bruxelles, né tutto il resto. Lo avevi
fatto per Michele, per sentirti degna di lui.>> <<L’ho
sognato, sai? È stato strano, ma ho capito tante cose.>> Già,
Michele. Il motivo per cui aveva deciso di darsi da fare in grande
stile. Il talentuoso, speciale, fantastico Michele. Anche testardissimo
ed orgoglioso. Le mancava terribilmente. Quando le aveva comunicato
d’essere stato scelto per un posto di prestigio, Elena aveva stabilito
all’istante di dover trasformare il suo piccolo sogno in qualcosa di più
straordinario e degno di nota. Degna di lui.
La viva intelligenza, il carisma e l’innato talento di Michele
l’avevano indotta a migliorarsi più di quanto avesse fatto fino ad
allora. Quella pratica pigrizia che l’aveva sempre fatta arrancare dove
avrebbe potuto splendere era svanita, sostituita da una nuova
determinazione, diversa da quella a cui era abituata. Innamorata di un
ragazzo testardo quanto e più di lei, aveva inconsciamente cercato di
trovare un modo per mettersi alla pari e non farsi schiacciare dalla sua
forza. Per quanto amasse le personalità decise, non voleva esserne
succube. Si era iscritta a Scienze Politiche e aveva deciso di
intraprendere la carriera diplomatica; aveva passato notti insonni al pc
per ottenere un colloquio per uno stage a Bruxelles, dove avrebbe
lavorato Michele. L’ultimo anno di liceo lo aveva trascorso tra libri e
lavoro, per mettere da parte i soldi del viaggio. Michele si era già
messo in caccia per il suo appartamento (che lei avrebbe arredato),
mentre Elena si era informata su hotel e ostelli per la sua permanenza
fino alla sistemazione definitiva. Una volta al mese, per cominciare,
poi chissà. In quel momento tutto le era sembrato possibile. Come un
cristallo in balia del vento, quella possibilità era caduta e andata in
frantumi, e nei mesi successivi alla morte di Michele si era ferita più
volte coi resti di quell’effimera eventualità. Vederlo in sogno aveva
cambiato le cose ed era pronta a ricominciare. <<Dici che mamma e
papà si arrabbieranno molto?>> <<Magari faranno i polemici,
sulle prime…ma poi saranno contenti. E comunque non hai niente da
temere: ci sono io a darti manforte in trincea.>> Elena lo strinse
forte e lui ricambiò l’abbraccio. <<Tranquilla, sorellona.
Ricominciare è la parte più bella della vita. È l’occasione che ti
mancava, e che hai deciso di cogliere.>>
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