mercoledì 21 gennaio 2015

provini - Seiji, Sara Filice

Seiji
Sara Filice

 
” L’aurora rischiarava le sagome dei palazzi della città. Iniziava ad albeggiare e una luce brillante rendeva tutto più definito, netto. La notte stava ritirando veloce il suo buio, come se il sole prepotente volesse scacciar via le tenebre. Elena socchiuse gli occhi e respirò a fondo l’aria ancora frizzante della notte. << E’ ora di muoversi>>, disse a coloro che la accompagnavano. Erano cinque, tutti ragazzi dai vent’anni in su, validi combattenti di un popolo che ormai non esisteva quasi più, ridotto in schiavitù su quello stesso pianeta che li aveva da sempre ospitati come sua stirpe, e che ora condivideva con loro il supplizio lento e inesorabile che lo stava consumando, riducendolo sempre più velocemente alla morte, sotto il dominio di umani spietati e senza scrupoli. Avevano consumato la Terra, il loro pianeta natale, dal quale la stirpe di Elena e del gruppo che la accompagnava era fuggita molti secoli prima che la ragazza stessa vedesse la luce dei due soli, ed avevano intrapreso quel viaggio verso nuovi mondi da distruggere, con la loro sete di potere. Elena non aveva mai scordato i racconti di sua madre su come un tempo quel pianeta fosse l’oasi sul quale gli esseri umani esausti, guidati dal professor Nathan, erano approdati per ricominciare. Innocentis I, un pianeta dove la natura non era mai stata così rigogliosa e dominante, dove gli uomini stanchi potessero ricominciare a vivere. Ma non ci volle molto a capire che l’uomo da solo non avrebbe mai potuto sperare di portare quella pace alla quale anelava tanto, non fino a quando non si sarebbe reso conto della sua natura meschina. I Terresti sbarcarono su Innocentis pochi mesi prima che il professore morisse, impossessandosi di tutto quello che la nuova società aveva faticosamente creato, riducendo la popolazione in schiavitù e segregando il professor Nath nelle sue stesse stanza interne, fino a che la morte non sopraggiunse. Nel frattempo, la finestra sempre aperta lo costringeva a guardare ogni giorno il lento sgretolarsi di tutto ciò che aveva sempre sognato, un mondo sano e libero dall’orrore di quella società che infine lo aveva nuovamente raggiunto. Da quella finestra Nathan Freedom vide i suoi concittadini tornare a soffrire sotto il giogo di quei potenti dal quale era scappato, senza poter far nulla per impedirlo. Perché in fondo, era solo un uomo vecchio, stanco e misero. Aveva continuato a guardare ogni giorno, con gli occhi lucidi e il volto basso, fino al giorno in cui quella finestra si era chiusa per sempre, imprigionando anche l’ultimo briciolo di speranza per il pianeta, e per chi ci viveva ormai da tre secoli. Elena guardò nuovamente la città grigia e imponente, che si stagliava ormai lontana in mezzo a quell’arido deserto. Un tempo, quella desolata e sterile distesa di sabbia era stata una lussureggiante foresta, e quel cielo di un azzurro velato solcato da qualche avvoltoio era stato dipinto da copiosi rovesci di pioggia, spettacolari arcobaleni e un sole talmente limpido e splendente da sembra quasi uno smeraldo intagliato in quella distesa color del mare. Ma erano bastati solo due secoli a quella società malsana per distruggere ogni traccia di quella che ormai era solo una vaga e fragile utopia. E lei li conosceva, quei maledetti assassini. Rapiti alle loro famiglie come le primizie della popolazione, lei e suo fratello Seiji erano stati scelti appena adolescenti per far parte della corte Imperiale, al servizio di Edward IV. Il monarca, giovane e arrogante, li aveva guardati con aria di sufficienza non appena li aveva visti con indosso la divisa della sue guardie personali, ma poi aveva sorriso perfidamente soddisfatto all’affronto che aveva inflitto al loro nome. Elena e Seiji Freedom erano infatti nipoti di quel benefattore che era stato costretto a morire di dolore, ed entrambi sapevano che nulla avrebbe impedito loro di fare la stessa fine. Dal giorno del loro rapimento erano trascorsi ormai dieci lunghi anni di parole non dette, insulti non resi e sottomissione senza ribellione. Fino a che, circa sei giorni fa, Seiji non era sparito nel nulla, lasciandole solo l’ordine di non cercarlo. Ma lei sapeva dove trovarlo, a chi chiedere aiuto e che se Edward IV se ne fosse accorto sarebbero morti comunque entrambi. Perdendo l’ultima sfida.
Elena entrò da sola nella piccola casa sull’albero, sorpresa che fosse rimasta ancora intatta dopo tutto questo tempo. Era lì, in mezzo all’unico pezzo di foresta rimasto e ormai ridotto ad una palude malsana e sporca, che erano cresciuti. Quella casa, era il luogo dove un tempo si rifugiavano alle intemperie della società, e vivevano insieme istanti interminabili di gioco e spensieratezza. Un tempo ormai lontano, così lontano da sembrare parte di un’altra vita.
Ma per Seiji, quello era rimasto l’unico ricordo in cui rifugiarsi, l’unico modo per sopravvivere a tutto quel dolore, e per riuscire a respirare ancora una volta aria fresca. Lo vide affacciato alla finestra, con lo sguardo rivolto ad un’alba che da lassù sembrava aver ritrovato tutto il suo splendore, e per qualche attimo anche lei rimase in silenzio ad ammirarla. << Seiji! >> lo richiamò alfine, come se avesse paura di svegliarlo. Il giovane ventunenne abbassò lo sguardo senza voltarsi, ma lei lo vide sorridere, oltre i raggi dorati che accarezzavano la sua chioma riccia e fulva << Andiamo via da qui, Seiji. >> ripetè << C’è poco tempo! >>. Per la prima volta, il giovane si voltò, e in fondo ai suoi occhi Elena lesse quella gioia, quel senso di serenità e pace interiore che non aveva mai più rivisto dal giorno del loro rapimento, sostituito da quella tristezza profonda e forte più delle catene di pesante metallo che imprigionavano il popolo ormai da secoli, costringendolo a un logorante e lento declino. A questo si era ridotta, la razza umana? << Io non me ne andrò, sorella! Mai più! >> rispose, sorridendole. Un brivido gelò il cuore della ragazza, incapace di proferir parola. << Ricordi? >> le chiese Seiji, guardandosi intorno << I nostri sogni di bambini, la nostra innocenza! Il dolore non esisteva, schiavitù e morte non sapevamo neanche cosa fossero … >> continuò, aprendo le braccia e chiudendo gli occhi, lasciandosi cullare da quella nuova e ritrovata pace, poi la felicità si dipinse nuovamente sul suo volto, e guardandola dritto negli occhi il ragazzo concluse << Quando sto qui, nulla di tutto questo è mai esistito. Qui sono ancora me stesso, Elena. Quel ragazzo che dovrei essere! >> poi si voltò nuovamente verso la finestra, dandole le spalle ancora una volta << Questa terra mi parla, e io l’ascolto e le rispondo! Parla di me, di noi, e di ciò che possiamo ancora essere! >> << Questo non è più possibile, Seiji! >> rispose atona lei, sentendosi per la prima volta lontana da quelle parole, arida dentro << Si che lo è, Elena! Lo è! >> ribattè il giovane, sempre più sereno << Morirai, se resti qui! L’ambiente velenoso ti ucciderà! >> cercò invano di ribattere lei, sempre più vacillante. Ci fu un attimo di silenzio, durante il quale alla giovane sembrò di sentire di nuovo il verso soave di un uccello selvatico. Poi, la voce di Seiji tornò calma a riempire l’atmosfera, e quella fu l’ultima volta che Elena potè udirla. Chiara, inequivocabile, incancellabile. << Se dev’essere … lascia che sia così! >> “

Nessun commento:

Posta un commento