ELENA E RUFUS
Anna Cattaneo
Anna Cattaneo
nonum kal. Septembres
L‘aurora rischiarava le sagome dei palazzi della città. Iniziava ad albeggiare e una luce brillante rendeva tutto più definito, netto. La notte stava ritirando veloce il suo buio, come se il sole prepotente volesse scacciar via le tenebre. Elena socchiuse gli occhi e respirò a fondo l’aria ancora frizzante della notte. «È ora di muoversi», disse.
Le strade, a quell’ora del mattino, erano quasi deserte; Elena aveva percorso a rapidi passi la vie che si snodavano fra le insulaeche
sorgevano accanto alla Porta Nolana; giunta sul decumano che conduceva
alla Porta di Stabia, aveva rallentato il passo. Si guardò attorno e
vide solo qualche pescatore, costoro erano fra i primi a giungere in
città con la speranza di vendere la propria mercanzia, dalle loro
espressioni, felici o imbronciate, si poteva capire se la pesca era
stata fruttuosa o povera.
Dopo
aver imboccato il decumano in direzione sud la donna si volse, aveva
udito un rumore di calzari farsi sempre più vicino, poco dopo un uomo
avvolto in una toga di pesante stoffa pregiata la raggiunse e la superò
correndo.
“Ha fatto tardi in un lupanare per patrizi” pensò e sorrise.
Il
suo pensiero corse a due anni prima, quando era giunta in città al
seguito di suo zio, un mercante. Lei, greca, era stata scambiata per una
lupa.
«Che
altro mestiere fate nel vostro Paese se non prostituirvi» l’aveva
apostrofata, sprezzante, un giorno, una serva mentre acquistava delle
frittelle da un venditore ambulante, poco distante dal tempio della
Fortuna Augusta.
“Già
in questa stupida città i lupanari sono pieni di greche e allora tutte
le greche sono lupe” scosse la testa, quasi volesse scacciare quello
stupido pensiero.
Ancora pochi passi e sarebbe giunta nei pressi della caserma dei gladiatori che sorgeva a meno di due stadidalla Porta di Stabia.
Era
lì che il suo Rufus le aveva dato appuntamento e si sarebbero salutati.
L’uomo, il suo uomo, sarebbe stato lontano da lei, così la aveva
promesso, solo per pochi giorni.
Rufus
era stato incaricato di raggiugere la flotta a capo Miseno e informare
il comandante delle conclusioni alle quali era giunto dopo due settimane
di intenso lavoro e di raccolta di prove e testimonianze sul mal
funzionamento dell’acquedotto che da qualche tempo assillava la città.
«Avrò l’onore di incontrare il Prefectus classis Misenis» le aveva detto con orgoglio.
Rufus aveva usato parole di grande rispetto per quel comandante militare; lo aveva descritto come un uomo di grande saggezza.
Quella
dolorosa separazione sarebbe stata però il preludio a una nuova vita,
Elena e Rufus sarebbero presto partiti per Roma. Il suo Rufus, in
qualità di librator,aveva
terminato l’ispezione all’acquedotto ed era pronto a ripartire per la
capitale con il suo carico di notizie e una lunga relazione sul
malfunzionamento dell’acquedotto. Avrebbe formulato una serie di ipotesi
sulle ragioni di quel guasto. Le aveva spiegato tutto questo ed Elena,
paziente, lo aveva ascoltato, pur non capendo nulla di ciò che per Rufus
era chiaro. La donna sapeva soltanto una cosa, al ritorno dalla visita
al Prefectusa capo Miseno da sarebbero partiti alla volta di Roma.
Giunta
nei pressi della Caserma dei gladiatori scorse Rufus che la attendeva,
il cuore di Elena accelerò i battiti mentre si precipitava fra le
braccia dell’uomo che la strinse a sé senza pronunciare parola.
«Rufus, promettimi che la nostra separazione non durerà che poche ore».
«Sarò di ritorno prima dell’ hora settima» fu la risposta di Rufus.
Il giovane, poi, secondo il suo costume, volle sdrammatizzare e aggiunse: «Come disse un giorno Seneca “Non posso dirti l’ora con certezza; è più facile mettere d’accordo i filosofi che non gli orologi”1».
Elena rise e lo abbracciò ancora una volta.
«Elena
ti affido questa» disse Rufus consegnandole una piccola pergamena sulla
quale aveva tracciato alcuni schizzi e una data, «mi serviranno quando
ritornerò da Capo Miseno».
Elena
guardò quegli schizzi, incuriosita, non comprendeva nulla dei segni
tracciati da Rufus sulla pergamena ad eccezione della data:
POMPEII Dies Martis nonum kal. septembresDCCCXXXII AVC2
1“horam non possum certam tibi dicere; facilius inter philosophos quam inter horologia convenit”
2
La data è quella del 24 agosto 79 d.C. tristemente famosa per
l’eruzione del Vesuvio che distrusse Pompei, Ercolano, Stabia e durante
la quale trovò la morte Plinio il vecchio.
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