mercoledì 21 gennaio 2015

provini - Tornare a vivere, Sarah Bernardinello


TORNARE A VIVERE
Sarah Bernardinello

L’aurora rischiarava le sagome dei palazzi della città. Iniziava ad albeggiare e una luce brillante rendeva tutto più definito, netto. La notte stava ritirando veloce il suo buio, come se il sole prepotente volesse scacciar via le tenebre.

Elena socchiuse gli occhi e respirò a fondo l’aria ancora frizzante della notte.

«E’ ora di muoversi,» disse.

Al sicuro, nella tasca interna della veste, sentiva l’Occhio del Drago vibrare. Come lei, percepiva il sapore della tanto anelata libertà.

Dopo tanto tempo, Elena poteva spogliarsi finalmente di quella veste umana assunta per sfuggire alle persecuzioni, grazie al prezioso manufatto che era riuscita a trafugare.

Per diversi lustri aveva vagato senza sosta, cercandolo, finché aveva sentito il magistrato di Yoris parlare con il capitano delle guardie cittadine e decantare la particolarità di un oggetto in suo possesso ormai da generazioni. Rubato, l’aveva corretto lei mentalmente, nascosta nell’ombra di un androne. Invisibile a tutti tranne che agli dei, aveva scoperto dove poteva trovare la salvezza. Era a portata di mano, a pochi passi. Grazie alla sua vista acuta e al suo udito fine era riuscita a penetrare nella villa del magistrato senza incontrare ostacoli, e a uscirne portando con sé la cosa più preziosa per la sua razza.

Elena posò la mano sulla veste, laddove sentiva pulsare l’Occhio. Adesso era al sicuro e presto l’avrebbe resa libera.

Scrutò la strada: erano già passati due carri, prima che la città si svegliasse del tutto e la gente si riversasse nelle strade doveva andarsene, sparire. Solo due persone erano a conoscenza della sua presenza in città: uno era Molho, un anziano usuifritore di magia che molti consideravano un ciarlatano, senza rendersi conto delle sue effettive – e letali – capacità. L’altro era un Cercatore, un titolo altisonante che nascondeva il reale intento di distruggere e far scomparire dal Continente tutti i draghi. Era riuscita a sfuggirgli, la forma umana impostale le aveva salvato la vita più di una volta.

Si incamminò lungo la strada, tenendosi rasente i muri. Meno persone la vedevano, meglio sarebbe stato per tutti. Presto avrebbe raggiunto i boschi e potuto usare l’Occhio. Dopo duecento anni, finalmente le sue ali sarebbero uscite dal guscio di pelle umana che le era sempre andata stretta.

Mise un piede davanti all’altro, lasciandosi alle spalle Yoris. Mentre camminava, ripensò a Molho, a come gli era bastato darle un’occhiata per capire che non era una donna, anche se bellissima. Era una femmina, certo, ma non della sua specie. Le aveva dato asilo e protezione, di quando in quando, ma lei si era già sdebitata mille volte, aiutandolo nella sua ricerca della suprema armonia. Bastava guardare la natura, per trovarla.

I primi alberi e la loro ombra la accolsero e un sorriso cominciò ad allargarsi sul suo volto. Allungò il passo, sentendo la libertà sempre più vicina…

«Sapevo che saresti venuta qui.» La voce interruppe i suoi pensieri e la fece bloccare dov’era. Da dietro il tronco di una quercia enorme comparve un uomo, e lei annaspò, improvvisamente alla ricerca di aria. Sul volto da furetto di quell’umano che si faceva chiamare Cercatore comparve un ghigno.

«Davvero pensavi che saresti stata libera? Che una volta in possesso del gioiello avresti potuto tornare a essere quella di sempre?» Fece un passo verso di lei. « Ti sbagliavi! Perché Onder ha parlato anche a me dell’Occhio, e quando ti ho vista uscire da quell’androne ho capito che sapevi dove trovarlo.» Fece un gesto con la mano, indicando la foresta. «Non è stato difficile indovinare dove ti saresti diretta, una volta in suo possesso.»

Elena aggrottò la fronte, stringendo i pugni. «Togliti dai piedi, omuncolo,» gli intimò.

L’altro rise sguaiato. «Sennò che mi fai?» Lo vide sfilare dalla cintura il bastone con il quale aveva ucciso molti suoi fratelli. Una bastone dalla punta di cristallo, creato dai Nani delle Montagne del Sud, ma non certo per quello scopo efferato.

«Ti ucciderò, razza di vigliacco,» sussurrò Elena. «Per vendicare i miei fratelli e le mie sorelle.»

Il Cercatore sorrise. «Io non credo.» Alzò la mano a palmo insù, flettendo le dita. «L’Occhio, prego.»

Lei scosse la testa. «Non ci contare.» Allargò le braccia, fissandolo, mentre sentiva la furia divampare in lei. Ai polsi, i bracciali donatole da Molho per proteggersi da quell’essere abietto presero a tintinnare, creando un suono cristallino che si espanse fino a circondarli. L’uomo si guardò attorno, interdetto, poi abbassò gli occhi sul bastone. Aveva cominciato a vibrare all’impazzata. Elena sorrise, feroce.

«Non avresti dovuto seguirmi, Cratus. Qui finisce la tua ricerca.»

Il cristallo in cima al bastone cominciò a incrinarsi. L’uomo lo fissò, sul volto un’espressione sbalordita. Il suono continuò ad aumentare di intensità e si udì un rombo, seguito da un immane fracasso. La pietra sul bordone si era spezzata.

Cratusa lanciò l’arma lontano da sé, sotto lo sguardo spietato di Elena.

«Maledetta!» urlò. Lei sorrise e si girò per allontanarsi, senza accorgersi del pugnale che gli era apparso in mano. La salvò solo il suo istinto, mai sopito.

Si girò di scatto e il pugnale la sfiorò, andando a conficcarsi nel tronco di un leccio.

I suoi occhi di ossidiana si puntarono sul nemico, mandando lampi. «E’ questo che sai fare meglio, omuncolo? Colpire alle spalle?» Un’ira incontenibile la riempì, e fu certa che quello fosse il momento e il luogo esatto per vendicare tutte le prevaricazioni subite. Dalla bocca le uscì un ringhio sommesso e gli si avventò addosso.

La collina offriva una vista magnifica sul fiume che si snodava giù, in mezzo ai campi e alle foreste. Elena respirò l’aria pura a pieni polmoni e spalancò le braccia. L’Occhio era davanti a lei, sulla roccia, una sfera luminosa. Sentì la consistenza della pelle mutare, le ali dispiegarsi, la vista cambiare.

Finalmente poteva tornare a vivere.

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