Il Buio

Melato Aisha Adelaide

L’aurora rischiarava le sagome dei palazzi della città. Iniziava ad albeggiare e una luce brillante rendeva tutto più definito, netto. La notte stava ritirando veloce il suo buio, come se il sole prepotente volesse scacciar via le tenebre. Elena socchiuse gli occhi e respirò a fondo l’aria ancora frizzante della notte. <<E’ ora di muoversi>>, disse.

Il sole, ancora seminascosto dagli imponenti palazzi grigi, seguiva Elena. Le converse bianche aderivano all’asfalto sporco. Elena, quella mattina, camminava sorridendo.
Ad Elena era sempre piaciuta l’alba. Le piaceva sedersi sul cornicione del grande Palazzo abbandonato al Viale dei ricordi n°13, le piaceva avvolgere un fazzoletto attorno al ferro arrugginito della ringhiera e perdersi in ognuna delle sfumature di cui si tingeva il cielo.
Ad Elena piaceva anche la pioggia e il profumo dell’erba bagnata. Le piaceva scrivere, il rumore delle dita premute contro i tasti, il mare, la sabbia e la neve d’ inverno. Le piaceva il silenzio e la musica.
Ad Elena erano sempre piaciute un sacco di cose, il buio, non era mai stata una di queste.
All’età di quattro anni Elena si rifiutava di dormire con la luce spenta. Cominciava a piangere e dimenarsi e spesso correva a rifugiarsi nel letto dei suoi genitori. Durante il giorno si sedeva in un piccolo angolo della sua camera con il viso rivolto verso il muro e giocava da sola.
All’età di cinque anni Elena si rifiutava di dormire con la luce spenta. Continuava a piangere e a dimenarsi, ma le fu proibito raggiungere i suoi genitori durante la notte. In compenso le venne comprata una lampada che Elena fissava ed osservava per paura che si spegnesse fin quando le sue palpebre non divenivano troppo pesanti. All’asilo Elena si sedeva nell’angolo meno affollato, con il viso rivolto verso il muro ed una manciata di pennarelli nei piccoli pugni e giocava da sola.
All’età di sei anni Elena continuava ad avere paura del buio. A scuola era tra le più brave della classe. Tornava a casa con lo scuolabus e dopo aver mangiato si sedeva alla scrivania con le gambe sottili che ancora non poggiavano a terra, la fronte aggrottata per l’impegno e si esercitava a scrivere le frasi che copiava dai titoli dei quotidiani di suo padre, senza necessariamente comprenderle. Poi, si sedeva nel solito piccolo angolo, con il viso rivolto verso il muro, e giocava da sola.
All’età di nove anni, Elena continuava ad avere paura del buio, ma la lampada nella sua camera si era fulminata ed Elena si vergognava troppo per chiedere a Carmen, la sua beby sitter di ripararla. Così cominciò a dormire con la luce del lampadario accesa. I genitori di Elena non dissero niente. A scuola spesso, la maestra leggeva in classe i piccoli temi che le venivano assegnati, facendole i complimenti. Sedeva in prima fila accanto alla finestra e spesso le limpide iridi azzurre vagavano ed osservavano tutto e niente. Tornava a casa a piedi. Dopo aver mangiato si sedeva alla scrivania con i piedi che adesso tastavano con forza il terreno e studiava.
Poi, si sedeva nel solito piccolo angolo, con il viso rivolto verso il muro e parlava, da sola.
All’età di undici anni, Elena continuava ad avere paura del buio e la luce della sua camera rimaneva accesa tutta la notte. Il padre di Elena perse il lavoro. A scuola continuava ad essere la più brava, ma le professoresse si limitavano a consegnarle si suoi temi corretti. Tornava a casa a piedi. Le piaceva camminare. Si concentrava sull’andatura. Sinistro, destro, sinistro, tenendo occupata la mente. Spesso contava i passi che la dividevano da casa sua, mormorandoli. Dopo aver mangiato si sedeva alla scrivania e studiava.
Poi,si sedeva nel solito piccolo angolo, con il viso rivolto verso il muro e parlava, da sola.
All’età di tredici anni Elena continuava ad avere paura del buio e la luce della sua camera continuava a rimanere accesa.. Elena si iscrisse al liceo classico come le aveva consigliato sua madre. Sedeva nella penultima fila accanto ad una ragazza con i capelli rossi. Elena li trovava stupendi. Tornava a casa a piedi. Il liceo distava appena seimila passi. Trovava il pranzo appoggiato sulla scrivania, svolgeva gli esercizi e poi prendeva il suo computer si sedeva con il viso rivolto verso il muro e cominciava a scrivere.
A sedici anni Elena aveva ancora paura del buio. Si ripeteva, e le ripetevano che ormai era grande. Così, Elena ogni sera spegneva la luce della sua stanza rannicchiandosi sotto il soffice piumone rosa e fingeva di dormire. Si assicurava che stessero tutti dormendo, si alzava e con il cuore che le martellava freneticamente nel petto la riaccendeva. Il padre di Elena era emigrato per cercare un lavoro. A scuola la sua compagna di banco, quella con i capelli rossi che piacevano tanto ad Elena, era la più brava. Tornava a casa a piedi, ma anziché contare Elena diventò un cantastorie. Arrivava a casa e prima di studiare si sedeva nel suo piccolo angolo, con il viso rivolto verso il muro, e cercava di ricordare le immagini che la sua mente aveva dipinto durante il tragitto, trascrivendole.
All’età di diciotto anni, Elena continuava ad avere paura del buio. Veniva considerata mediocre.
Poi, ad una festa conobbe Marco. Le bastò la consapevolezza che lui la considerasse speciale, per renderlo tale.
All’età di diciotto anni Elena aveva paura del buio, ed era vergine. A Marco, il ragazzo speciale conosciuto alla festa non era importato quando aveva deciso di violentarla.
Elena, all’età di diciannove anni odiava un sacco di cose.
Le dava fastidio il rumore delle moto da strada, l’odore della benzina, il colore rosso, il profumo delle rose, il dopobarba che suo padre aveva lasciato aperto in bagno ed il sapore delle arance. Le davano fastidio gli sguardi e le voci. Quelle di tutti.
Elena all’età di diciannove anni aveva paura di un sacco di cose ma aveva visto il mondo e cercando la sua luce si era accorta che il buio non era più una di quelle.